Raccontare tramite l’abito normalmente è raccontare qualcosa di sè, dell’individuo che porta l’abito – perchè l’abito è espressione della sua personalità. Ma oltre che della singola persona, l’abito parla anche del suo contesto socioculturale, del suo tempo ed ambiente.
Gli abiti significanti della nostra contemporaneità inoltre sono sincretici, come la nostra cultura che si nutre di altre culture, più o meno lontane nel tempo e nello spazio: le adotta, reinterpreta ed espone, simili ma differenti.
È così che ritornano di moda i vari decenni – somiglianti ma non uguali: tornano le spalline ed i colori shock, ma nella versione 2010, che ricorda molto l’85 e tuttavia rimane diversa – perchè nell’85, suvvia… eravamo ridicoli.
Prendiamo dalle culture tribali dell’Africa e dell’Australia le dilatazioni, i tatuaggi, le treccine; li facciamo nostri fino a che diventano banali oggetti da mercato, fino a che cambiano connotazione, fino a che a nessuno viene più in mente l’Australia a vedere un tribale tatuato su un braccio. Al massimo vengono in mente i tatuaggi temporanei che si trovavano nei sacchetti delle patatine.
Nello stesso modo anche pelle borchie e pvc, che la fanno da padrone nell’ambito goth, vengono sì dalla scena sadomaso, ma sono passate per la decontestualizzazione del punk ed hanno ormai più quel riferimento – se mai ne hanno uno – agli occhi di chi li indossa nell’ambito di quella subcultura.
L’outfit come forma di espressione sincretica dell’individuo racconta la storia ed il background culturale di chi lo indossa tramite l’associazione di elementi tratti da diverse culture, che raccontano diversi mondi. Il passo è breve da qui a raccontare la storia di un individuo che non necessariamente o solo parzialmente coincide con il soggetto reale che indossa l’abito.
Entriamo nel regno del teatro e del travestitismo, il regno in cui l’abito fa il monaco, permette alla persona di uscire dalla propria individualità sogettiva e proporsi come icona, simbolo, rappresentazione. Come opera d’arte, bella e significante.
[Via http://chiarac.wordpress.com]
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